Le Linee Progettuali di Pastorale Giovanile sono uno STRUMENTO che viene consegnato in mano alle COMUNITÀ ecclesiali, per sostenere e orientare il loro compito educativo verso i giovani.

 

I PASSI / Le esperienze

In un percorso di crescita, che vuole educare e armonizzare le dimensioni della vita dei ragazzi, più che trasmettere dei contenuti dottrinali, è consigliabile lasciar spazio alle esperienze. Questo vale non solo per la Pastorale Giovanile Vocazionale, ma come sappiamo anche per l’Iniziazione Cristiana. L’esperienza che si vive tocca più nel profondo il ragazzo e il gruppo, dal momento che il vissuto è molto più ricco del concetto e coinvolge tutte le dimensioni umane (affettiva, corporale, cognitiva, mnemonica, volitiva).

Spesso infatti per affrontare un determinato argomento con i ragazzi, li si porta a visitare una realtà concreta: ad esempio, si può andare a Camaldoli per pregare insieme ai monaci, alla mensa della Caritas per un servizio caritativo, a Betania per incontrare i rifugiati e parlare di immigrazione o all’Hospice per affrontare il tema della morte. L’elenco potrebbe continuare.

A seconda del cammino che si sta facendo con i ragazzi, possono essere proposte esperienze caritative (es. mensa del povero, casa per anziani), di servizio (es. spazio compiti, aiuto catechista, Grest), spirituali (es. ritiri, pellegrinaggi), comunitarie (es. settimane comunitarie, campi residenziali), ecclesiali di più ampio respiro (es. Giornate Mondiali della Gioventù) o missionarie (es. viaggi, campi lavoro).

Oltre al risvolto umano e sociale che hanno diverse attività svolte con i giovani, è importante che le esperienze siano vissute in confronto continuo con un cammino spirituale e con motivazioni che nascano dal Vangelo e dall’Eucaristia.

I ragazzi hanno bisogno di esperienze e di esperienze forti, perché si sentano stimolati a crescere, anche affrontando sfide, e continuino a camminare con slancio, senza essere sopraffatti dalla fatica del cammino. Le esperienze “forti” non sono necessariamente quelle di attività straordinarie e memorabili. A renderle significative è piuttosto il legame con il cammino ordinario che le prepara prima e ne dispiega la sovrabbondanza continuando a lavorare anche dopo. Non si sta qui parlando di fare esperienze tanto per fare, per colpire i ragazzi, né di rilanciarne una dopo l’altra per paura che ci abbandonino.

Le esperienze sono colte come forti da parte dei ragazzi se vissute con intensità nel momento opportuno del loro cammino. Ad esempio, un testimone che viene a parlare ai ragazzi della propria vita e intercetta proprio la crisi che stanno vivendo, li toccherà in profondità. Le esperienze hanno il vantaggio di rimettere in moto le energie dei ragazzi (e anche degli educatori). Sottraendoli dalla ripetitività del quotidiano e facendoli uscire dalla comfort zone, i ragazzi sono stimolati a rimettersi in gioco per dare il meglio di sé e a scoprirsi più uniti come gruppo per ciò che insieme hanno vissuto.

Tuttavia, non basta fare esperienze. Possono sì smuovere tanto della persona, ma non sono di per sé educative. Per essere tali occorre non solo che siano inserite in un percorso e in un orizzonte di senso, ma anche che possano essere rielaborate. Ecco perché è importante dedicare del tempo con i ragazzi alla narrazione dei vissuti, in modo da far emergere ciò che le esperienze hanno lasciato loro e così da rileggerne i significati, che hanno quindi a che fare con la concretezza dei vissuti dei ragazzi. Ritornare sulle esperienze, narrare di sé, aiutare a rileggere, attribuire nuovi significati, implica inoltre educare i ragazzi a cogliere la ricchezza e la profondità della vita, che sempre ci parla e ci fa crescere, accompagnata dalla presenza dello Spirito.