Le Linee Progettuali di Pastorale Giovanile sono uno STRUMENTO che viene consegnato in mano alle COMUNITÀ ecclesiali, per sostenere e orientare il loro compito educativo verso i giovani.

 

PIETRE MILIARI / Rinnovamento

 

RINNOVAMENTO

CONVERTIRE LINGUAGGI, STRUMENTI E PROPOSTE

Da quando Dio si è fatto uomo, tutto quello che ha a che fare con la nostra umanità assume un significato nuovo, perché rimanda all’uomo nuovo Gesù. Questo è vero per tutti gli uomini, compresi quei ragazzi e giovani di cui forse facciamo fatica a comprendere i comportamenti, i linguaggi, i sentimenti. Questa fatica forse deriva dal fatto che sono diversi da come noi eravamo alla loro età, o forse da come vorremmo che fossero. In ogni caso occorre convertire il nostro sguardo per poterli accogliere, ascoltare e amare per ciò che sono.
 
Il desiderio di annunciare loro la vita buona del Vangelo ci spinge a compiere anche cose impensabili, come l’apostolo Filippo (cfr. At 8,26-31), che sotto il sole di mezzogiorno cammina per una strada deserta. Come educatori ci viene chiesto di metterci “a fianco” dei giovani, con pazienza, anche camminando in una direzione che non è la nostra, attendendo il momento opportuno per cogliere da parte loro la richiesta di salire sul loro “carro” e aiutarli a cogliere il senso della vita.
 
Don Bosco diceva: “Amate ciò che amano i giovani, affinché essi amino ciò che amate voi”.
 
Annunciare ai ragazzi e ai giovani la vita buona del Vangelo richiede un continuo esercizio di rinnovamento, perché il linguaggio, gli strumenti e le proposte siano “parlanti” alla loro vita e possano sentire una connessione tra Gesù e il loro vissuto, in grado di trasformarli.
 
La sfida non è tanto quella di inventarsi cose nuove da dire o da proporre, bensì quella di ricercare con pazienza “come” annunciare ai giovani e ai ragazzi il Vangelo-Gesù a partire dalla loro vita.
 
Molti possono essere i linguaggi che sono più parlanti per i giovani d’oggi: il linguaggio della Bellezza (arte, musica, natura, espressione, creatività); il linguaggio del servizio; il linguaggio del silenzio e della contemplazione; il linguaggio della fraternità.
 
Il tempo della pandemia ci sta mostrando la necessità di una costante flessibilità nell’adattamento dei tempi, dei linguaggi, delle esigenze, non solo a fronte di situazioni inedite e in continuo cambiamento (l’adattamento ai vari DPCM ce l’hanno mostrato), ma anche verso i giovani stessi, che rimangono ciascuno un universo da scoprire.
 
Un’attenzione particolare merita la questione dell’utilizzo dei new media e in particolare il mondo digitale.
Ciò che più ci interessa non sono tanto le potenzialità che questi strumenti offrono, quanto piuttosto il fatto che caratterizzino una parte considerevole del vissuto dei giovani.
La lezione positiva dei mesi vissuti in lockdown, con la scoperta delle potenzialità digitali, chiede tuttavia di fare un salto: quello che permette alla rete di non essere soltanto “un mezzo” per poter dire quello che ci interessa, ma “un ambiente” dove vivere un’esperienza educativa.
 
La domanda allora non è come “usare” gli strumenti digitali per comunicare con i ragazzi, ma come “abitare” questi spazi digitali nei quali essi vivono. Si tratta infatti di abitare questa cultura digitalizzata per farci prossimi a quel “carro” a noi adulti più difficilmente accessibile. Per quanto possano apparirci “virtuali”, le relazioni mediate dai dispositivi continuano comunque ad essere profondamente “reali”, incidendo sulla vita delle persone.

 

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